Prostata

La prostata è una ghiandola genitale di piccole dimensioni che si trova al di sotto della vescica al cui interno c’è l’uretra, il canale attraverso il quale l’urina esce all’esterno.
La ghiandola è divisa in due zone, una centrale ed una periferica. La prima intorno all’uretra e la seconda più esterna che ricopre la prima.
Dalla zona più interna origina l’adenoma, cioè la ghiandola che si può ingrossare e con il tempo può produrre sintomi tali da portare il paziente dal medico, e la zona esterna o capsula che non è altro che tessuto identico a quello della zona più interna ma più compresso e agli esami radiologici risulta differenziabile dal precedente; da quest’ultimo è più facile che originino le malattie tumorali.
La ghiandola svolge un importante ruolo nella fertilità e nel meccanismo dell’eiaculazione. La prostata produce il 80% di tutto l’eiaculato, una sua compromissione chiaramente pregiudica l’attività sessuale.

In Italia, il tumore della prostata è il secondo tumore che colpisce l’uomo, con un incidenza del 4% dop il tumore del polmone.
Poiché l’età media della popolazione maschile italiana è sempre più elevata, non può che peggiorare l’incidenza di questo tumore, rispetto al quale l’età è uno dei principali fattori di rischio conosciuti: oggi in Italia ci sono oltre 9.300.000 uomini al di sopra dei 50 anni, potenzialmente a rischio.
Il principio fondamentale per ridurre il pericolo è l’attenzione e la sensibilità alla prevenzione. Gli studi statistici indicano che gli uomini sono molto più restii delle donne ad adottare regolarmente misure per la prevenzione e la diagnosi precoce.
Ad esempio, secondo uno studio, solo il 22% dei maschi italiani tra i 50 e i 70 anni di età conosce il significato del test del PSA, il principale strumento diagnostico nella lotta al tumore della prostata oltre ovviamente all’esplorazione rettale. Questa percentuale sale invece al 48% negli Stati Uniti. Soltanto il 13% dei maschi in Europa si sottopone al test del PSA.
La presenza di cellule tumorali nella prostata è sorprendentemente comune, studi autoptici fin dagli anni cinquanta, hanno dimostrato che cellule tumorali possono essere scoperte nel 26% degli uomini tra i 30-40 anni di età e nel 38% degli uomini in età compresa tra i 50-60 anni. Altri studi, più recenti, indicano che le differenze globali nell’incidenza non sono si spiegano con la presenza di fattori genetici, soggetti con la stessa predisposizione genetica che vivono in differenti aree hanno un rischio di sviluppare un tumore della prostata correlato al paese nel quale risiedono, ad esempio un giapponese con un rischio molto basso di sviluppare un tumore della prostata, quando si trasferisce negli USA assume lo stesso rischio della popolazione residente.

Le ampie differenze geografiche nell’incidenza clinica del tumore della prostata, unitamente alla omogeneità della incidenza di tumori latenti microfocali nel mondo, ha fatto nascere il concetto che i fattori alimentari possono giocare un ruolo importante nella prevenzione e/o progressione della malattia. Nella maggioranza degli uomini con pre-esistente malattia microfocale, la crescita del tumore della prostata è inibita, mentre in alcuni uomini è stimolata. Sembra molto probabile che queste differenze siano solo raramente dovute a fattori genetici.
Tra i fattori ambientali ritenuti determinanti nello sviluppo del tumore della prostata la nutrizione è quella sospettata di svolgere il maggiore ruolo. Nel Nord America e nel Nord Europa, l’obesità e la dieta con alto contenuto di grassi animali sono veramente comuni, mentre in Asia la dieta è ricca in fibre e proteina di soia, che contiene Fitoestrogeni, e basso contenuto in grassi animali. Dati sempre più evidenti, suggeriscono che molti elementi della dieta possono giocare un ruolo importante nella prevenzione e/o progressione del tumore della prostata.
Si è evidenziato che una dieta con supplemento di Selenio è associata a modificazioni nell’incidenza del tumore della prostata (riduzione del 50% del tumore della prostata in uno studio a doppio cieco). Molti studi clinici sono in corso (per esempio lo Studio di Prevenzione del Tumore Selenio + Vitamina E). Ci sono evidenze che anche altre sostanze sono importanti perchè riducono l’incidenza del tumore della prostata, quali ad esempio il the’ verde, il melograno, l’aglio, ed un micronutriente il licopene presente in numerosi alimenti.

Attualmente le indagini di routine per porre diagnosi di tumore della prostata sono l’esplorazione rettale (DRE) e il dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA).
La prima permette di “sentire” la superficie e la consistenza della prostata, mentre il secondo valuta in qualche maniera l’attività della prostata.

Il PSA è un enzima contenuto nelle cellule prostatiche ed è normalmente prodotto dalle cellule prostatiche, qualunque evento che danneggi le cellule ne fa riversare una quota nel sangue. Per questo motivo, un’infiammazione, una manovra strumentale (cistoscopia, cateterismo o anche l’esplorazione rettale) un aumento quantitativo di cellule (ipertrofia o tumore) fanno aumentare la quota di PSA circolante. In aiuto alla diagnosi vengono i PSA frazionati che permettono un maggiore aiuto nel porre diagnosi. I valori normali accettati sono da 0 a 4 ng/ml, ma la familiarità nei confronti di tumori della prostata fa abbassare il valore soglia da 4 a 2,5 ng/ml.
Un paziente senza parenti diretti che hanno avuto un tumore di prostata con valori entro 4 ng/ml e prostata regolare è ragionevolmente sicuro di non essere affetto da una neoplasia prostatica.
m1Al contrario un paziente con un parente che ha sviluppato un tumore di prostata con un PSA superiore a 2,5 ng/ml dovrebbe farsi vedere da uno specialista urologo.
L’incrocio dei dati derivanti dall’esplorazione rettale e dalla storia dei PSA (e non quindi da una semplice valutazione occasionale), permettono allo specialista di decidere per eventuali ulteriori accertamenti.
Gli stessi valori di normalità del PSA non permettono di stare sicuri, per tale motivo si è ricorsi ad calcoli più complessi del semplice PSA per cercare di estrarre dai dati grezzi del PSA ulteriori informazioni. A questo scopo nasce la PSA Velocity (PSAV) che è un valore che ci informa che qualcosa sta succedendo se viene superato il valore di 0,75 ng/ml annuali.

Oltre ai dati di laboratorio naturalmente esistono anche esami di secondo livello che dovrebbero essere gestiti dallo specialista, poiché non danno certezze nel risultato e potrebbero ulteriormente confondere le acque dando l’illusione di una normalità anche in casi di allarme.
L’Ecografia Trans Rettale (TRUS) è uno di questi esami. Utilizzata in clinica principalmente per valutare i diametri prostatici è divenuta purtroppo un metodo per “dare un’occhiata” alla prostata e stare tranquilli. L’utilizzo dell’ecografia prostatica trans rettale, non è suggerito se non in casi di dubbio diagnostico ma comunque non è sufficiente da sola a porre diagnosi. Permette di valutare ottimamente le dimensioni della prostata e l’ecostruttura interna della ghiandola valutando la presenza di calcificazioni che potrebbero trarre in inganno con la sola DRE.
Casi estremamente selezionati possono giovarsi di esami estremamente raffinati e costosi ma ancora non di capillare diffusione quali il PCA3 e la risonanza magnetica con spettroscopia e il TRIMProb che però non ha ancora validi studi di supporto.
La risonanza magnetica con spettroscopia permette di valutare zone specifiche della prostata che possono essere interessate da patologia tumorale; mentre la PCA3 (sito sponsorizzato -inglese- www.PCA3.org) è un esame non invasivo sulle urine che analizza la presenza, del gene PCA3 nell’RNA del PSA e può dare utili indicazioni a quei pazienti che sono stati sottoposti a biopsie risultate negative con indicazione clinica della presenza di tumore prostatico.

L’esame cardine nella diagnosi del tumore della prostata rimane la biopsia della prostata.
Questa si esegue con l’aiuto dell’ecografia trans rettale e con uno speciale ago che permette di asportare frustoli di prostata. Questo è un esame altamente invasivo ma quando viene eseguito da personale preparato si riducono i rischi al minimo.
I frustoli o cilindri di prostata asportati vengono inviati all’anatomo patologo, figura fondamentale nella pratica chirurgica moderna. Il patologo prepara i pezzi li taglia, li colora ed li osserva per poter dare una risposta ai quesiti posti dall’urologo. Su questa risposta si basano tutte le scelte terapeutiche dell’urologo e del paziente.
La risposta di una biopsia può aprire uno scenario di dubbi o certezze ed entrambi possono dare grosso disagio al paziente, sia perché una biopsia negativa non tranquillizza il paziente sul fatto che non abbia nulla né tantomeno la positività della biopsia che apre un ventaglio di opzioni terapeutiche importanti che possono essere fonte di confusione e disagio per il paziente.

Il tumore della prostata è, in conclusione di questa breve rassegna, una malattia dai risvolti importanti sulla qualità di vita anche nella fase di diagnosi.

Esami invasivi e non, continui controlli a volte possono portare il paziente a credere di essere guarito o peggio a credere di non poter far più nulla per la propria salute.
Il messaggio importante che si cerca di comunicare è che si ha il tempo per poter decidere; non farsi prendere dalla fretta e dalla frustrazione. bisogna ricordare che si deve parlare con il medico e questo a volte risolve mille dubbi che si accumulano nel corso degli accertamenti cui si è sottoposti.

Con questo non si vuole porre l’accento sul fatto che non si debbano fare accertamenti, ma al contrario farli con raziocinio evitando il fai da te di esami e consulti.
Se non vi sentite sicuri chiedete, il miglior medico è colui che ascolta, ragiona e risponde.

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